Giancarlo Governi, classe 1939, autore televisivo, sceneggiatore, scrittore italiano, già dirigente della Tv Pubblica: come nasce l’amore per la prima squadra della Capitale?
"Dobbiamo risalire a molti anni fa,
a quando, bambino, giocavo in mezzo alla strada come tutti i bambini di
quell’epoca. Mi ero appassionato al calcio come tutti, senza avere la minima
idea di come fosse il calcio vero.
Mio padre, che pensava che il pallone
fosse quadrato, mi portò per la prima volta allo stadio quando giocava la Roma
contro il Grande Torino. Io, tendenzialmente, ero romanista, perché abitavo in
Trastevere dove tifavano tutti per la Roma.
Alla fine del primo
tempo, la Roma vinceva 1 a 0. Al gol di Amadei (questo l’ho letto anni dopo
negli almanacchi, perché ero troppo piccolo per annotarmelo), un signore
accanto a me si alzò in piedi e gridò: “…e uno!”
Nel secondo tempo, i granata ne rifilarono ben
sette ai poveri romanisti. Il numero 7 ricorre fin dai tempi antichi sui
risultati della Roma, anche perché l’anno prima, lo seppi molti anni dopo, con
il Toro la Roma aveva perso 7 a 0.
Qualche mese dopo mio padre mi portò a vedere la
Lazio contro il Torino. E la Lazio, con quei mostri che avevano umiliato la
Roma davanti al suo pubblico, riuscì a pareggiare. E magari avrebbero pure
vinto se il grande portiere granata Valerio Bacigalupo non avesse parato un
calcio di rigore.
Diventai della Lazio, ovviamente, ma conservai
una simpatia per il quel Torino che vinceva sempre ed a cui dovevo la mia Lazialità che mi accompagna da sempre.
E poi ci fu la tragedia di Superga, da allora confesso
che ogni volta che vedo le maglie granata mi batte un po’ il cuore, pensando a
quel sogno infranto di tanti anni fa. Ma ora con il Torino di oggi, confesso
che il cuore non mi batte più"
A quale 11 biancoceleste è più legato?
"Per un vecchio come me, la risposta è scontata: sono legato a quell’undici del primo scudetto, a quegli
eroi di cui abbiamo conservato una memoria indelebile. E poi è l’ultima Lazio
di cui conosco la formazione a memoria: Pulici Petrelli Martini Wilson Oddi
Nanni Garlaschelli Re Cecconi Chinaglia
Frustalupi D’Amico. Nomi che, per me, divennero persone reali, non più
personaggi del mio immaginario, con cui strinsi amicizia, come Felice Pulici
con il quale ho mantenuto un rapporto di stima reciproca e di amicizia, come il
mio “omonimo” Oddi, come Pino Wilson, di cui ricordo il tratto e l’educazione,
come Giorgione Chinaglia, che mi confessò che, quando stava negli Stati Uniti,
guardava sempre i miei programmi, come D’Amico, che ora ho perso di vista
perché si è trasferito altrove, e di cui ci è giunta la notizia della sua
malattia contro cui sta lottando come un leone.
Poi mi sono
legato in amicizia con un giocatore laziale che è venuto alcuni anni dopo. Sto parlando
di Bruno Giordano dalla classe cristallina e dalla vita privata travagliata. Mi
sono accorto che Bruno, trasteverino come me, è cresciuto con le stesse
esperienze e negli stessi luoghi di un quartiere che ora è radicalmente
cambiato: Ebbene ho voluto raccontare Bruno Giordano in prima persona, per
conservare la genuinità dei suoi ricordi, in un libro di grande successo
intitolato Una vita sulle montagne russe".
Che ne pensa della presidenza Lotito e di Mister Sarri?
"Su Lotito potrei fare un lungo discorso. Ammirai la sua
determinazione, il coraggio e l’astuzia con cui riuscì a portare in porto il
salvataggio. Una impresa epica, a ripensarci oggi. Lo affiancai quando la Lazio
stava per essere retrocessa, per la questione del calcio scommesse.
C’era un grande personaggio politico, laziale di vecchia data. Che
ora non c’è più, si chiamava Gianni Borgna che faceva l’assessore alla Cultura
del Comune di Roma. Lo aveva fatto con Rutelli e ora lo stava facendo con
Veltroni.
Mi portò dal sindaco Veltroni, che allora si diceva fosse molto
più autorevole della carica che ricopriva. Gianni disse al sindaco: la Lazio
non ha fatto niente a confronto con la Juventus che era al centro dello
scandalo, tu la devi aiutare con dichiarazioni pubbliche che tendano a
scagionarla.
Walter accettò a condizione che fossi io (Gianni non poteva farlo per la carica che ricopriva) a pilotare tutta l’operazione mediatica.
Per questo mi mise a disposizione
addirittura il Messaggero che
pubblicò tutti i miei articoli. Insomma non la faccio lunga, anche perché il
finale è noto, la Lazio fu salva. Con Lotito, c’è stato un raffreddamento, da
parte mia, provocato da certe risposte
sue al telefono che non mi sono piaciute. Ora, purtroppo, ogni volta che ci
incontriamo non ci salutiamo nemmeno. Però non sono un suo antipatizzante. Gli
sono grato per aver salvato la Lazio, ma lui non è grato alla Lazio che l’ha
portato ad essere, da quell’oscuro imprenditore di pulizie che era, uno dei
personaggi più noti d’Italia. Ho scritto un articolo recentemente sulla Gazzetta dello Sport in cui lo incito a
fare il passo ulteriore che porterà la Lazio nelle vette italiane e europee".
Stiamo vivendo una splendida stagione in campionato, peccato per i
due ultimi impegni che non dovrebbero aver condizionato il piazzamento, anche
lei è rammaricato per il percorso europeo?
"Mancano 4
partite, quindi 12 punti a disposizione, basterà alla Lazio conquistarne 10 per
arrivare matematicamente seconda. La Juve non la calcolo perché la
penalizzazione sarà rimessa e anche aumentata. Ne basterebbero anche 8 per
qualificarsi per la Champions , che è l’obiettivo fissato. Però per arrivare a
questo traguardo minimo è necessario che la Lazio non giochi come ha giocato a
Milano. Una cosa penosa vedere quella squadra così brillante, con le gambe
molli"
Se la Lazio dovesse partecipare alla prossima Champions League come
pensa possa essere migliorabile questa squadra?
"Lotito può
migliorarla se darà ascolto a Sarri e solamente a lui, se prenderà cioè i
rinforzi che Sarri chiede, senza dare ascolto ai procuratori che gli propongono
soggetti improbabili e se chiuderà definitivamente il rapporto con Tare"
Nei suoi anni alla Rai ha raccontato la vita di personaggi che hanno segnato la
storia del cinema del teatro e della TV, a quale è più legato?
"Ho raccontato anche i miti sportivi come Bartali e Coppi . In
tutto, non li ho contati, ma si avvicinano al centinaio. A chi sono più legato,
mi si chiede. E’ difficile scegliere. Potrei scegliere Totò che è stato il
primo di tutti. Affrontai il Pianeta Totò in un momento, poco più di
dieci anni dalla sua morte, il Principe stava cadendo nel dimenticatoio e le
neonate televisioni private stavano facendo a pezzi i suoi film. Io che ero
stato un "Totoista" della prima ora, mi sentii in dovere di fare qualcosa per
lui. Andai a ricercare tutti i suoi film, intervistai tutti i personaggi che
erano appartenuti alla sua vita a cominciare dalla figlia Liliana e poi i suoi
registi da Mattoli a Bragaglia a Monicelli. Ne venne fuori un monumento alla
vita e all’arte del Principe Antonio De Curtis. Insomma, con questo e con altri
programmi su di lui, ed anche con i libri che gli ho dedicato, diventai forse
il massimo esperto di Totò. La cosa mi portò nel centenario della nascita a
commentare tutti i film di Totò su Raiuno.
Poi Alberto Sordi, che ho affiancato in un’opera titanica quale è stata Storia di un italiano, sulla quale ho lavorato per tre anni a fianco di Alberto, il quale mi ha dato la possibilità di imparare un mestiere che mi ha accompagnato per tutta la vita.E poi Anna Magnani a cui ho dedicato uno dei miei programmi più belli e un libro bellissimo, riscritto varie volte e che ora sarà ripubblicato, a settembre quando la ricorderemo nei cinquanta anni dalla morte. Si chiama Nannarella, il romanzo di Anna Magnani".
Segue altre Sezioni della nostra grande Polisportiva ?
"Non seguo nessuna sezione. Della nostra “grande mamma” ho seguito la sua storia e poi sono stato amico del vecchio presidente Renzo Nostini e ora di Antonio Buccioni".
Stefano Boccia (foto Dagospia)