Cari fratelli Laziali,

per rituffarci nel campionato dovremo attendere domenica sera. Farà freschetto, l’inverno bussa alle porte, com’è giusto che sia. Climaticamente, potrebbe essere una giornata come quella di cinquant’anni fa. Vi riportiamo infatti al 27 gennaio ‘74, l’ultima giornata del girone d’andata del Campionato 1973/74.

Non siamo in formazione tipo: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Inselvini, Chinaglia, Frustalupi e D'Amico. Mancano infatti le bionde chiome di Luciano Re Cecconi. A disposizione di Maestrelli, solo i fidi Moriggi, Polentes e Franzoni.

Anche il Bologna è privo del suo “biondo”. Mancando Tazio Roversi, l’undici è composto da Buso, Mei, Rimbano, Battisodo, Cresci, Massimelli, Ghetti, Vieri, Savoldi, Bulgarelli e Landini. A disposizione del “Petisso” Pesaola, il dodicesimo Battara, Paris e Sartori.

Maestrelli ha messo in guardia i suoi: arriva un Bologna in crescendo, reduce dai successi sul Milan in campionato e sull'Atalanta in Coppa Italia. Negli ultimi quattro incontri precedenti, abbiamo raccolto altrettanti pareggi. Oggi serve la vittoria per diventare “Campioni d’inverno”.

Si mette subito bene, perché al 4' Garlaschelli sfrutta come meglio non si potrebbe il cross pennellato di Nanni. Renzo non deve fare altro che spingere il pallone in rete.

Pesaola si era presentato abbottonato, alla ricerca dell’ennesimo risultato favorevole. Costretto a cambiare il programma, manda i suoi all'arrembaggio ma Savoldi ha vita dura contro Wilson e Soci. Landini ci prova al 28’, poi Vieri, da fuori area, proverà a raggiungere il pari tre minuti più tardi. I nostri hanno imparato la lezione della pesante sconfitta col Torino e giocano d’attesa. Rientriamo negli spogliatoi con un vantaggio stiracchiato e, ad inizio ripresa, subiamo per dieci minuti il tambureggiante attacco bolognese.

Wilson è però attentissimo, dirige la linea della difesa in modo impeccabile, con l’eleganza di un direttore d’orchestra.

Gli ultimi brividi li propone prima Bulgarelli, la cui staffilata sorvola alta la traversa, e poi Savoldi, il cui tiro a botta sicura incoccia le leve di Petrelli, che salva il risultato proprio sulla linea di porta.

A questo punto sale in cattedra D'Amico. Forse fu proprio quello l’attimo in cui D’Amico divenne Vincenzo D’Amico. Il nostro centrocampo non disponeva più soltanto della maestria di Mario Frustalupi. Fu proprio nello stile del giocatore più anziano che il giovane Vincenzino forgiò sé stesso. Una maturazione che avvenne non nel nome della potenza – ingenua e rumorosa – di Giorgio, ma nella saggezza silenziosa di Frustalupi, del quale D’amico catturò l’essenza. Proprio da uno scambio tra il più anziano e il più giovane, arriva la rete del raddoppio: D'Amico raccoglie il lancio di Frustalupi, scambia con Chinaglia che è pressato da Cresci, potrebbe anche tentare il tiro ma ormai Buso gli ha chiuso lo specchio; colpo di tacco, passaggio a Vincenzino che si trova la porta spalancata. Un gol così facile l’avrebbe segnato chiunque tra i cinquantamila che accompagnarono la Lazio quel giorno.  

Che spettacolo! Da questo momento il Bologna perde la testa, si scompone, aumentano le scorrettezze e pure i cartellini gialli. Ghetti protesta, perché su un intervento di Wilson ha visto un mani ma il guardalinee era vicino all’azione e ha fatto continuare. Al 26', Petrelli crossa per Chinaglia, tiro di Long John ma Buso si salva in corner. Al 30', c’è un ennesimo cross di Frustalupi, Chinaglia è stretto fra tre difensori e si lascia cadere. Forse non era rigore, diciamo che non lo era. E Chinaglia trasforma. Mei e Bulgarelli, consapevoli che il penalty sia stato un mezzo regalo, non possono nemmeno protestare, perché già ammoniti dopo il raddoppio di D’Amico. L'incontro non avrebbe più molto da dire, ma lo stadio “spinge”, i nostri continuano a premere. E così, al 44’, arriva il secondo gol di Chinaglia, che porta a quatto le reti della nostra domenica.

Quella domenica pomeriggio ammirammo una Lazio versione olandese. Prima dell’Olanda, meglio dell’Olanda, vedemmo azioni avviate da Wilson, alimentate da Martini, orchestrate da Frustalupi e D’Amico e finalizzate da Chinaglia. Segnammo tre gol a porta vuota.

Cosa significava? Che non era il frutto del caso, ma la prova provata che il gioco di quella Lazio non aveva eguali, quanto ad efficacia e bellezza.

Tornammo a casa vagamente infreddoliti. Sul Lungotevere, “duecento lire di castagne” erano la sintesi della nostra felicità. Eravamo primi, con 23 punti in classifica, 3 in più di Juventus, Fiorentina e Napoli.

Pomeriggi così non si scordano più. Nel ricordo di quel giorno, attendiamo la sfida di domenica sera con il cuore gonfio di speranza. Arriva un Bologna in ripresa, oggi come ieri, esattamente come cinquant’anni fa. Forza Lazio!

Ugo Pericoli