Cari
fratelli Laziali,
vogliamo
riconoscere che questa Lazio operaia, guidata da un allenatore dall’aria
tranquilla, infarcita di giovani provenienti da squadre non di grido, ci sta già
sinceramente appassionando?
Con
l’auspicio di ricevere presto nuove e confortanti conferme, vi riportiamo indietro
di cinque decenni, esattamente al 18 dicembre 1977, al Campionato di Serie A 1977/78,
al Fiorentina-Lazio dell’undicesima giornata del girone di andata.
La Fiorentina
è affidata alla generosa romanità di Carlo Mazzone. Nonostante l’entusiasmo
e la sua saggia umiltà, per lui e per la squadra, le cose non si sono messe bene,
già dal principio. C’è aria di tempesta in seno alla società viola: in
settimana è stato nominato un nuovo presidente, una scelta voluta dalla
proprietà con lo scopo di schermarsi dalle continue contestazioni. Firenze è
una piazza molto calda. Viste le premesse, il sor Carletto decide, all’ultimo
momento, di schierare una formazione super offensiva: Galli, Tendi, Rossinelli,
Ennio Pellegrini, Della Martira, Orlandini, Caso, Gola, Casarsa, Antognoni e
Prati.
In casa
Lazio, le cose sembrano andare ancora peggio. Dopo la batosta subita in terra
di Piccardia (il 6 a 0 ad opera della modesta Lens resterà l’onta più grave
patita in campo europeo in oltre un secolo di storia) la formazione di Vinicio non
sembra affatto essersi ripresa. Ci sono malumori sparsi, D’Amico è fermo
ai box per un ginocchio che non ne vuol sapere di aggiustarsi e Garella è
stato ribattezzato “paperella”, dopo una serie di omissis più comici che
tragici. Si vocifera che qualcuno si sia rifiutato di partire per Firenze e che
il Sor Umberto questa volta potrebbe perdere la pazienza per davvero. La
formazione, abbastanza abbottonata, non certo per il freddo, vede Garella,
Pighin, Ghedin, Wilson, Manfredonia, Cordova, Garlaschelli, Agostinelli,
Clerici, Lopez e Boccolini. In panchina il solito Giuseppe Avagliano, Gigi Martini
e un imbronciato Bruno Giordano, il più riottoso di tutti durante gli ultimi
allenamenti.
Sono le 14 e
25 e siamo già tutti belli piazzati sul divano. Seguiremo la partita un po’ su Teleroma
56, con “In campo con Roma e Lazio” e su Radio Uno, su “Tutto
il calcio minuto per minuto”, che ci annuncia che a Firenze fa un freddo
becco, con un vento di tramontana gelido e secco, che venendo giù dall’Appennino,
dopo aver sferzato Fiesole, spazza il Comunale da ogni nuvola residua. Sotto
un cielo completamente azzurro cominciamo bene, con Agostinelli, che scatta
sulla destra per il successivo colpo di testa di Garlaschelli, che impegna
severamente Galli, in una difficile parata a terra.
Sono
trascorsi soltanto cinquanta secondi.
Dopo qualche
minuto, Orlandini, su corner di Antognoni, chiama in causa Garella per la prima
volta. Garlaschelli all'11' ci porta in vantaggio ma il signor Panzino,
l’amico Francesco Panzino, ravvisa un fallo commesso da Renzo, forse con
un braccio.
Il gioco
latita, Antognoni prova a spargere qua e là la sua polvere di stelle ma
la sua classe sembra offuscata e le giocate che ne derivano appaiono spente e
accademiche.
Prevale il
non-gioco e volano i calcioni. Nel giro di pochi minuti l’arbitro ammonisce
sette giocatori: Della Martira, Cordova, Prati, Ghedin, Pighin, Lopez e lo
stesso Antognoni.
Ci prova
anche Wilson ma Galli risponde da par suo.
Secondo
tempo: la Fiorentina prova ad attaccare e a portarsi in vantaggio, con Casarsa
e con il redivivo Pierino Prati, che impegnano il nostro contestatissimo Claudio
Garella (ritratto nella foto), in due difficili interventi. Garella oggi sembra
particolarmente ispirato, calmo e preciso, nonostante un attacco febbrile che
ne ha messo in dubbio la partecipazione alla gara. Mancano trenta minuti, Mazzone
toglie il suo prediletto, il fido Steno Gola da Ascoli, con Piero Braglia. La Lazio
sembra però più in palla, più continua, pur in un contesto di gioco che appare
abulico, così almeno ci sembra di afferrare dalla telecronaca, gracchiante e
colorita, irradiata da Teleroma 56. Ma sta andando bene e quindi, non osiamo né
alzarci, né tantomeno cambiare canale.
Palo! Chi
ha fatto palo? Ci
siamo persi il momento del cambio, è uscito Clerici, è entrato Giordano.
Bruno ha colpito il palo quando manca un quarto d’ora alla fine. Magari
finesse pari, buttalo via, passeremmo le vacanze di Natale belle tranquille,
con la Roma sotto in classifica. Senza contare poi, che un pari in trasferta va
sempre bene! E invece, all'86', ecco il regalo che non t’aspetti: Agostinelli
scodella al centro un pallone molto invitante per Giordano, che sembra
poter battere a rete. Deve solo evitare Della Martira, che gli staziona innanzi
come un palo. Il difensore è colto di sorpresa e va letteralmente in tilt. Lo
abbraccia platealmente, Giordano si lascia cadere, proprio a due metri
dal signor Panzino. Nessuno protesta, e che ti vuoi protestare, è rigore! Giordano
segna, la Lazio piglia e porta a casa.
Dove noi, da
quel divano, siamo finalmente liberi di esultare per la prima vittoria
stagionale in trasferta.
Vi abbiamo
parlato di Claudio Garella. È mancato troppo presto, poco più di due
anni fa. Il Napoli e il Verona, le squadre con le quali vinse due incredibili Scudetti,
ne hanno ricordato le inconsuete qualità tecniche e le grandi doti umane.
Nel suo periodo
romano, le cose non andarono per il verso giusto. Anzi, andò tutto storto a Claudio
Garella. Era un ragazzo acerbo, timido e gentile, in piena fase di formazione. Era
un inesperto calciatore di ventidue anni, chiamato a sostituire un totem di Lazialità come Felice Pulici. Quella domenica recuperò in tempo, scese
regolarmente sul difficile campo del Comunale, effettuò alcune parate notevoli.
Forse più spettacolari che difficili, su tiri centrali e da lontano. Parando
con quello che sarebbe diventato il suo stile, non bello a vedersi ma
essenziale, per la vittoria di due Scudetti, uno dei quali probabilmente
irripetibile. Quel 18 dicembre del ‘77 Garella apparve pronto, veloce e sicuro.
Quel giorno volò più sicuro delle sue stesse incertezze, in quelle uscite che
non erano il suo forte ma sulle quali imparò a divenire insuperabile, durante
l’arco degli anni Ottanta.
Questo
Fiorentina-Lazio è l’occasione per ricordare Claudio nella sua domenica più
felice, quando, con quattro parate tutte decisive, salvò il risultato gettando
le basi per la nostra vittoria.
Nel corso
dell’estate del ‘77, venne commesso il grande errore di mandar via anzitempo Felice
Pulici per immolare Claudio Garella, bruciandolo per una scelta esibizionista
di un allenatore straniero che aveva, lui sì, molte cose da dimostrare.
E, dopo il licenziamento di Luis Vinicio, si commise il doppio errore (che si sarebbe rivelato ancor più catastrofico) di gettarlo alle ortiche, dopo solo un anno di travagliata formazione, per dare spazio ad un portiere sul quale non solo non si sono mai accese le luci, ma anzi, al contrario, sospetti e dicerie non hanno mai smesso di aleggiare. Ciao Claudio, è stato un peccato, per davvero. Forza Lazio!
Ugo Pericoli