Cari fratelli Laziali,
nell’attesa della partita di domenica a Parma, vi
riportiamo al 12 giugno ’88, alla 37° e penultima giornata di quell’interminabile
campionato di Serie B. Per molti, come per il vostro scrittore, fu l’ultima
trasferta al seguito di una Lazio in B. Quel decennio, per certi versi
maledetto, che aveva caratterizzato buona parte della nostra adolescenza, si
stava concludendo. Eravamo arrivati al giugno ’88. Si stava per chiudere una fase
dolorosa, avara di soddisfazioni e satura di delusioni.
Il Parma è allenato da Giampiero Vitali, 46 presenze
nella Lazio tra il 1964 e il 1966. La sua squadra non deve chiedere più nulla
al campionato, è nel guado del centro classifica, che in Serie B equivale a
dire “profonda noia”. Ciò nonostante, i parmigiani non sono tipi da far sconti,
perché ci giocano talenti prossimi alla consacrazione: Ferrari, Gambaro,
Apolloni, Fiorin, Minotti, Pullo, Turrini, Di Già, Melli, Zannoni e Osio.
Per questo Eugenio Fascetti ha raccomandato la massima
calma. La partita di Catanzaro ha lasciato scorie sotto il profilo nervoso, lo stress
accumulato ha fatto allentare la tensione sulla partita di Parma che viene
letta come “facile”. Invece, proprio la trasferta a Parma potrebbe trasformarsi
in un beffardo tranello. Entrano i nostri: Martina, Marino, Beruatto, Pin,
Piscedda, Esposito, Savino, Acerbis, Rizzolo, Caso e Monelli.
Ci siamo incontrati a piazza Bologna alle cinque del
mattino, per viaggiare senza fretta, per arrivare a Parma intorno alle 10. Un
nostro amico tassista si è offerto per scarrozzarci a bordo del suo taxi, una
comoda Regata 100 che ha i sedili in velluto azzurro. Parcheggiamo, e iniziamo
la nostra passeggiata lungo le eleganti e silenziosissime vie del centro. Mi
fermo, indugiando, per ammirare il Teatro Regio mentre i miei amici intonano
canti inneggianti la “Serie A”. Me ne resto silenzioso, diffido di tutta quella
tranquillità, di quel disincanto distratto che aleggia per quelle stradine
ciottolate di pietre chiare e levigate. Per quanto ami la Musica e Giuseppe
Verdi, il fatto di trovarmi in una zona “verdiana” mi lascia del tutto
indifferente. Oggi, l’unica cosa che conta, è la Lazio. Arriviamo allo stadio
Tardini, che è piccolo e profuma di ruggine. Noi siamo in diecimila, i
parmigiani meno della metà.
C’è uno sventolio continuo di bandiere e di sciarpe
biancoazzurre. C’è anche la mia, mi sono lasciato andare, trascinato dall’entusiasmo
di cui faccio parte.
Quando inizia la partita non ho quasi più voce. È la
classica partita di serie B, fatta di marcature rigide, azioni fallose a
centrocampo, con le punte abbandonate in avanti, da una parte e dall’altra. È una
partita brutta, diciamocelo.
Il primo tempo è stato del tutto privo di azioni degne
di questo nome.
In un clima di calma apparente, ad inizio ripresa la
prima occasione è del Parma. Osio, al 47', viene servito da Di Già, si libera
di Marino e impegna Martina in un difficile intervento di pugno. Incredibilmente,
la Banda Fascetti non sta giocando, fa tutto il Parma, costantemente
proiettato in avanti. Dopo un quarto d’ora abbondante di dominio assoluto, la
stanchezza e i limiti dei nostri avversari cominciano ad affiorare.
Così, al 50', Antonio
Rizzolo, la più bella novità di casa Lazio, beffa i difensori avversari,
incuneandosi fra di loro per poi depositare in rete. Un gol splendido, un
sogno, una prodezza smisuratamente bella che spicca in una partita così insipida.
In nostro entusiasmo diventa incontenibile. «Serie A,
serie A!».
Quasi in contemporanea, la radio prova a riportarci
coi piedi per terra. Perché anche il Catanzaro ha segnato, sta vincendo con
l'Atalanta e il nostro traguardo non è ancora certo. Al 63' ci divoriamo il
raddoppio: prima Rizzolo e poi Beruatto colpiscono la traversa.
Il peggio però deve ancora venire. Siamo al minuto 84.
A una rimessa laterale operata da Pasa, fa seguito un colpo di testa di Zannoni.
In quel momento, dalla curva, vediamo una maglia avversaria volare fra le teste
dei nostri difensori. È quella di Di Nicola, un anonimo calciatore subentrato
dalla panchina: sta per segnare il gol più bello della sua vita, e ha scelto
proprio noi. La sua è una rovesciata spettacolare, una prodezza che lascia
esterrefatto Martina e fa incavolare Fascetti, il quale, fino ad
allora, se ne era stato seduto in panchina, più calmo del solito.
Poi sarà la volta di Osio. Dovevamo stargli simpatici,
perché si mangia un gol da due metri, a Martina battuto. Sarebbe stato
più semplice segnare ma era scritto che quella sarebbe stata la nostra ultima
trasferta in serie B.
Uscimmo facilmente dallo stadio ma faticammo per
raggiungere il casello dell’autostrada. Avevamo poca voce, eravamo abbastanza
provati e, al ritorno, viaggiammo con lo stesso broncio che Antonio Elia
Acerbis sfoggia nella foto articolo.
Fu la mia ultima trasferta in Serie B. Ne avevo fatte
tante, soprattutto nel Nord Italia. Sette giorni più tardi, alla stessa ora, mi
sarei trovato tra Piazza del Popolo e Piazza Navona, festeggiando con gli amici
di sempre il ritorno in A.
Tra poche ore sarà di nuovo Parma Lazio. Sì, siamo a fine novembre ma è già una fase cruciale. Forza Lazio!
Ugo Pericoli