Cari fratelli Laziali,
adesso,
testa al Lecce!
Sarà una
delle partite più interessanti perché avremo l’opportunità di misurare la
qualità della reazione della squadra dopo la più grande disfatta casalinga
della sua storia, almeno sotto il profilo numerico.
In vista
della partita di domani sera vi riportiamo al 2 maggio ‘98.
Parleremo di
una delle più belle Lazio di sempre, quella del Campionato di Serie A 1997/98.
Siamo
arrivati alla XXXII giornata e andiamo a far visita ad un Lecce appena
retrocesso. È allenato da Nedo Sonetti, il quale manda in campo Lorieri, Sakic,
Cyprien, Bellucci, Annoni, Cozza, Piangerelli, Giannini, Casale, Atelkin e
Palmieri.
Noi siamo
reduci da una delle più belle serate della nostra vita da laziali, avendo
battuto in rimonta il Milan all’Olimpico e vinto la seconda Coppa Italia.
La Coppa, innalzata da Fuser (ripreso nella foto articolo subito dopo la
premiazione), è il primo successo per Sergio Cragnotti ma, soprattutto,
è il primo trofeo per tre generazioni di Laziali, quelli nati all’inizio degli
anni Settanta, troppo giovani per ricordare lo scudetto della Banda
Maestrelli, e quelli, ahi loro, nati negli anni Ottanta.
La Lazio è anche
lanciatissima verso la finale della Coppa Uefa, che disputerà a Parigi
fra quattro giorni. Eriksson sa di avere molti uomini un po’ stanchi,
dopo la lunga tirata su tre fronti. Fino ai primi giorni di aprile, la squadra
ha infatti anche cullato sogni tricolori, svaniti al 15’ della ripresa per un gol
di Pippo Inzaghi, (uno dei suoi, bruttini, ma sempre decisivi), durante l’ultimo
Lazio.
Sven manda in campo Ballotta, Grandoni,
Negro, Lopez, Favalli, Gottardi, Fuser, Almeyda, Marcolin, Casiraghi e
Rambaudi. A disposizione, ma diremmo, a riposo in panchina vanno Marchegiani, Mancini,
Nedved, Nesta, Laurentini e Venturin. Jugovic e Boksic sono
addirittura rimasti a Roma.
Esistono i
presupposti perché sia una partita atipica. Lo stadio è mezzo vuoto e i pochi presenti
contestano la squadra di casa. Noi veniamo da due sconfitte e abbiamo testa
solo a Parigi, dove mercoledì potremmo vincere il nostro primo “vero” trofeo
internazionale.
Inizia la
partita. L’andamento è lento, da sfida amatoriale, con palloni trascinati mollemente
in avanti, senza un minimo di raziocinio e di precisione. Un sonno, una
svagatezza assoluta. Andiamo spesso fuorigioco, contro una difesa salentina che
fa il minimo sindacale, ma risulta più concreta di noi.
Stoicamente,
visto lo spettacolo offerto dalle due contendenti, il pubblico di casa resiste
seduto al suo posto. Verrà premiato. Verso lo scadere del primo tempo, Palmieri,
uno dei giocatori più “beccati” dal pubblico, porta in vantaggio il Lecce. Rientriamo
negli spogliatoi con passo svogliato. A casa, ci domandiamo che razza di
partita stiamo guardando. Il tasso tecnico è ai minimi storici, le riserve
sembrano demotivate.
Si rientra
in campo sperando di risvegliarci da un torpore ottundente. E invece viene
ancora fuori un Lecce operaio, che assai dignitosamente si propone in avanti con
i vari Sakic, Annoni, Cozza e Bellucci, che sembra stiano provando a dare il
meglio di sé stessi. Noi disastrosi, Grandoni, Lopez e Favalli perdono
alla distanza i confronti con Casale e Atelkin. Fioccano le occasioni sciupate dai
leccesi e, a una certa, Eriksson si vede costretto a far entrare in
campo sia Mancini che Nedved.
Pur non al
meglio, i due incidono subito sugli equilibri della partita e il Lecce va in
affanno per la prima volta. Sentendosi pressato, Piangerelli effettua un
retropassaggio da centrocampo. L’intenzione è quella di appoggiare sul
portiere. Lorieri è però anticipato da Casiraghi, il quale si ritrova
davanti il corridoio giusto per puntare a rete.
Una volta a tu per tu con Lorieri, viene atterrato da Cyprien. Rosso e rigore.
Il Lecce, già in dieci uomini per una precedente espulsione, sembra alle corde
e, in teoria, si potrebbe addirittura provare a vincere, ribaltando la partita
in 120 secondi, come spesso accaduto in passato.
Sul
dischetto si propone Marcolin, lo specialista di riserva, in assenza di Jugovic.
Lorieri para
bene, con perfetta scelta di tempo. Ma un rigore parato è sempre un rigore
sbagliato.
Sarà una delle più brutte Lazio di tutti gli anni Novanta. Domani sera col Lecce ci attendiamo una grande reazione. Senza giri di parole, bisogna vincere. Forza Lazio!
Ugo Pericoli