Cari
fratelli Laziali,
mancano
poche ore al prossimo Lazio-Milan, una delle super-classiche della nostra Serie
A. Con i rossoneri abbiamo giocato tante volte in campionato, sia in A
che in B, e li abbiamo incrociati spesso anche in Coppa Italia.
Oggi ricorderemo
una delle domeniche più appassionanti della nostra storia. Un pomeriggio
di attesa e di passione. Per quelli della nostra generazione, il Lazio-Milan
del 9 maggio 1976 ha infatti un sapore molto simile al Lazio-Vicenza del 1987,
quello del salvifico gol di Giuliano Fiorini.
Sì, perché
anche quel pomeriggio di 47 anni fa non sarebbe stato sufficiente battere il
Milan. Le nostre concorrenti per la salvezza non avrebbero dovuto vincere o
prendere punti.
Arriviamo
allo stadio con il groppo in gola. Solo due anni prima stavamo vincendo lo
scudetto e oggi, qualora non dovessimo vincere, vorrebbe dire Serie B con una
giornata d’anticipo. Ci si è messo anche il tempo, fanno trenta gradi e il
cielo è tendente al grigio fumo. “Come abbiamo fatto a ridurci così”
è il sentiment che aleggia sopra lo stadio. Siamo in 55.000 e non
vediamo bambini. C’è preoccupazione e poca voglia di scherzare, oggi i più
piccoli sono rimasti a casa.
È una
seduta spiritica quella che inizia alle 15:30 del 9 maggio 1976, la penultima giornata del
campionato di Serie A. “Tommaso è guarito” - sentenziano i tifosi più
anziani come a tranquillizzare i vicini di posto – “è ritornato Maestrelli e
cor Maestro nun s’aritorna in B proprio sur più bello”. E noi facciamo
finta di credergli, ed intanto lo speaker annuncia le formazioni, e fa un caldo
che sembra annunciare una tempesta di sabbia, e mentre il cuore (e la ragione)
corrono alla partita di due settimane prima col Torino, consideriamo una volta
di più l’abbandono nel pieno di un naufragio dell’idolo di una generazione di
laziali, non solo il simbolo di un’intera tifoseria ma molto di più. Perché Giorgione
Chinaglia non sera solo un centravanti, era uno “stato d’animo”.
“Ma come
se chiama er piccoletto…? Giordano Bruno o Bruno Giordano?” ciancica qualcuno che ha trovato il
coraggio per scherzarci su. E noi, che Brunetto ancora non lo conosciamo, ci
chiudiamo in un mutismo scaramantico, temendo di veder apparire sul tabellone,
da un momento all’altro, la notizia di un gol del Como, o dell’Ascoli o – nel
pieno del nostro pessimismo cosmico – anche quelli della Samp e del Verona.
Di certo,
c’è solo che la nostra maglia è meravigliosa: Pulici, Ammoniaci, Martini, Wilson, Polentes,
Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Giordano, D'Amico e Lopez. La panchina è
piccola piccola, con Moriggi, Ghedin e Ferrari accucciati accanto al Maestro.
Potremmo
definire il Milan uno squadrone di ragazzi svogliati: Albertosi, Anquilletti, Sabadini,
Turone, Bet, Biasiolo, Gorin, Benetti, Vincenzi, Rivera e Chiarugi. Seduti
vicino ad un Giuanin Trapattoni già in odor di Juventus, il
giovane (e promettente) Franco Tancredi, Zignoli e il centravanti Calloni.
Puntiamo
decisi verso la porta del Milan, sotto la curva Nord. Garlaschelli già al 5’ è atterrato
dentro l’area ma l’arbitro non concede il rigore. Il tifo è incessante e quando
al 9’ Bet tocca di mano all’interno dell’area, il signor Ciacci di Firenze finalmente
sentenzia il penalty. Tratteniamo il fiato per qualche secondo. Sarà Vincenzino
D’Amico, appena ventiduenne, a doversela vedere con il primo calcio di
rigore dell’era post-Chinaglia: Albertosi a sinistra e pallone a destra, dopo
dieci minuti siamo in vantaggio. Ci servono più gol possibili per la differenza
reti, nel caso si dovesse arrivare a parità di punti - e non possiamo
rallentare nemmeno un momento. Al 38' arriva il raddoppio di Bruno Giordano (profeticamente
ritratto con un pallone tra le mani al centro della foto d’epoca a corredo dell’articolo),
posizionato al posto giusto per ribattere in rete dall'area piccola, piuttosto
defilato sulla sinistra. È un assedio: i nuvoloni hanno cominciato a diradarsi,
splende il sole a fa anche meno caldo. Alla fine del primo tempo c’è una fuga
di Badiani sulla destra, proprio sotto la Tribuna Tevere, Roberto entra
in area dribblando più gambe, arriva sul fondo ed effettua un cross perfetto
per Giordano, deviazione-capolavoro, è il terzo gol! No, l’arbitro lo annulla, Badiani
si era allungato il pallone oltre il fondo e il primo tempo si conclude “solo” sul
due a zero.
Dalla
curva invochiamo la presenza del bibitaro, abbiamo la gola in fiamme. Lo speaker legge i risultati:
Ascoli-Bologna 0-0, Cesena-Como 0-0, Juventus-Sampdoria 0-0, Verona-Torino 0-0.
Nonostante il grande sforzo profuso, siamo ancora con un piede e mezzo in serie
B.
Il
secondo tempo inizia come meglio non si potrebbe: la Juventus è passata in vantaggio
sulla Sampdoria con un gol di Fabio Capello al 2’ della ripresa. Iniziamo
a rallentare, la stanchezza e la tensione si tagliano col coltello. Dopo un
quarto d’ora arriva la terza rete. Luciano Re Cecconi è fra quelli che
hanno preso per mano la squadra nel momento più difficile: sebbene ostacolato
da Anquilletti e Turone, con un pallonetto fa pervenire il pallone a Garlaschelli
e subito Renzo brucia Albertosi in uscita. Nello stesso istante
arriva la notizia del vantaggio del Cesena sul Como, lo stadio esplode due
volte, il Milan è alle corde.
Il sole,
l’azzurro delle maglie che si sposano col cielo, la Lazio che vince 3 a 0,
Tommaso Maestrelli seduto in panchina: per un istante, ci sembra di cogliere la
Lazio di settecento giorni prima e ci rendiamo conto di essere nuovamente felici
di essere laziali. C'è il tempo di segnare anche il quarto goal con Badiani,
sicuramente uno dei migliori in campo: Roberto entra in area palla al piede e
scarica alla destra di Albertosi prima di correre e inginocchiarsi impazzito
per la felicità verso la curva Sud. Aveva ragione il grande Sandro Petrucci:
lo Stellone, che ci protegge fin dal 9 gennaio 1900, aveva fatto
diventare possibile una missione impossibile. Certo, la domenica successiva
ci avrebbe atteso un’altra sfida al cardiopalma ma oggi avevamo azzittito i
tanti gufi sparsi per la città.
Tornando al presente, questo Lazio Milan è sicuramente molto meno “romantico” di quello appena ricordato. Lo giocherà una Lazio (nonostante tutto) maggiormente attrezzata e certamente più matura e consapevole. Abbiamo ricordato Chinaglia, menzionato Giordano, non possiamo non fare una considerazione su Ciro Immobile. Il suo infortunio non ci voleva ma – lo pensiamo tutti - era abbastanza annunciato. Occorre immediatamente un vero centravanti di riserva, magari in attesa che la Primavera si “riorganizzi” e torni a regalarci un nuovo Bruno Giordano, proveniente – come ai vecchi tempi - dall’interno del Grande Raccordo Anulare. Forza Lazio!
Ugo Pericoli