Cari fratelli Laziali,

oggi vi riporteremo …allo Stadio Flaminio! Nella speranza di poterci ritornare per davvero, vi riportiamo indietro al 4 marzo del ‘90, alla XXVII giornata del campionato di Serie A.

Alla Lazio di Mister Materazzi, che schiera la seguente formazione: Orsi, Nardecchia, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà, Bertoni, Icardi, Amarildo, Sclosa e Sosa. In panchina vanno Sassanelli, Piscedda, Beruatto, Monti e Troglio.

L’Inter deve vincere e basta, se non vuole scucirsi definitivamente lo scudetto dalla maglia. Giovanni Trapattoni passeggia a bordo campo. È ancora uno degli allenatori più iconici della Serie A e ci fa una certa impressione il vederlo passeggiare sull’erba, lì, a pochi metri da noi.

Anche questa è la bellezza del Flaminio!

Poi appaiono Malgioglio, Bergomi, Brehme, Matteoli, Mandorlini, Verdelli, Bianchi, Berti, Klinsmann, Matthaus e Morello. In panchina Mondini, Baresi, Di Già, Ferri e Cucchi.

L’Inter sembra essersi rilanciata, dopo la vittoria pesante ottenuta sul Napoli. Tuttavia, in vista dello sprint finale, avrebbe bisogno della squadra al completo. Invece manca Aldo Serena e, soprattutto, Walter Zenga.

Zenga squalificato il giorno di Lazio Inter sembra uno scherzo del destino.

Perché il suo sostituto, il portiere di riserva, si chiama Astutillo Malgioglio. Sì, ricordate bene. Proprio lui. A distanza di quasi cinque decenni, non ci sembra il caso sottolineare cosa accadde in campo, in un’infelice domenica pomeriggio di tanto tempo fa. Né ci interessa raccontarlo alle giovani generazioni.

Tutti possiamo sbagliare e per noi è acqua passata.

Però, quel 4 marzo, la ferita era ancora troppo fresca, se non addirittura aperta.

Malgioglio si presenta con un mazzo di fiori, tentando una riappacificazione “low cost”. È sepolto dai fischi. Poi il signor Lanese fischia il calcio d’inizio e tutti finalmente si mettono a pensare esclusivamente alla partita.

La Lazio assume il controllo del gioco e per due minuti l’Inter quasi non riesce a superare la metà campo. È un Inter infarcita di campioni, eppure i nerazzurri appaiono molli e svogliati. Trapattoni è insoddisfatto e urla dalla panchina, portando spesso le mani alla bocca, per fare il fischio “alla pecorara”, il gesto che lo ha reso unico, inimitabile e inconfondibile in tutti gli stadi d’Italia e d’Europa. Ma la sua squadra sembra con la testa altrove. Dall’altra parte, Giuseppe Materazzi appare più tranquillo del solito e solo quando Lanese concede il rigore per atterramento di Bergomi su Ruben Sosa sembra avere un sussulto. Sul dischetto va lo stesso Ruben, sotto quella che sarebbe la “Curva Sud”. Tiro, gol. 1 a 0.

C’è un sole splendido, la primavera è in arrivo e ci sentiamo felici. Sentiamo anche noi, dopo tanto tempo, quella sensazione di forza che profuma d’Europa. Magari! È solo l’illusione di un attimo, ma quanto ci piacerebbe una partita internazionale dopo tredici anni che non ne facciamo una!

Sul finire del tempo ci distraiamo, l’Inter ne approfitta. Scatto sulla destra di Berti, cross al centro, palla tesissima che attraversa tutta l’area piccola. Mandorlini, uno dei più intraprendenti, si è sganciato dalla difesa ed ha risalito la corrente. Piomba su quel pallone solitario sul quale non siamo stati in grado d’intervenire e segna il gol del pari in bello stile, una prodezza che ci rintuzza la soddisfazione che avevamo fino a quel momento maturato. Rientriamo negli spogliatoi con qualche rimpianto, perché l’Inter, con quel popò di campioni di cui dispone, potrebbe capovolgere il risultato in un batter d’occhio. Altro che profumo d’Europa, torna lo spettro della Serie B, quella sensazione di precarietà vissuta l’anno prima nell’ultima partita ad Ascoli.  

La Lazio che è rientrata in campo ci sembra più prudente. Tutto sommato, un pareggio potrebbe anche bastare. D’un tratto, arriva la notizia del vantaggio dell'Ascoli a San Siro. Il Milan, a quel punto, sarebbe teoricamente ancora raggiungibile dall’Inter, a quattro lunghezze di svantaggio ma con un derby ancora tutto da giocare. Proprio quando i nerazzurri dovrebbero concretizzare la rimonta, arriva un nostro contropiede, fatto con tre passaggi di prima, un grande assist di Amarildo per il bel piatto al volo di Pin, che possiamo vedere nella foto-articolo.

La partita terminerà qui, noi avevamo troppa voglia di vincere e l’Inter, ormai ex campione d’Italia, era a pezzi. Ma a noi, dell’Inter, cosa avrebbe dovuto importarci?

La sera ci godemmo la vittoria. Eravamo, dopo anni ed anni, in una condizione di tranquillità relativa. Fu un campionato anomalo, giocato nella costante attesa del campionato del mondo che si sarebbe giocato qui da noi. Il famoso, anzi - il famigerato - Italia ’90.

Lunedì sera sarà una grandissima partita, che verrà seguita da tantissimi italiani, dal momento che l’emittente che detiene i diritti televisivi ha deciso di mandarla in onda in chiaro. Noi saremo all’Olimpico, ciascuno al proprio posto. Fratelli uniti nel nome di un unico grido: forza Lazio!

Ugo Pericoli