Cari fratelli Laziali,
non dobbiamo certo recriminare per il punto perso col Napoli
quanto per i due mancati a Genova nel turno infrasettimanale. Cerchiamo di non
perdere mai di vista la nostra dimensione.
Vi scriviamo prima della gara col Feyenoord, dove con ogni
probabilità vedremo la Lazio-2. Speriamo di ottenere il risultato desiderato,
perché l’Europa League è un torneo molto interessante, sotto più
profili.
Oggi vi riportiamo indietro di quarantacinque anni, giorno
più, giorno meno. Torniamo al 18 settembre 1977, alla seconda giornata del Campionato
1977-78.
La Serie A è iniziata con molto anticipo, visto che i
mondiali di calcio si disputeranno in giugno in una sede remota e alquanto
sconosciuta: l’Argentina.
La Lazio di Luis Vinicio è tornata dalla prima
partita col Genova con le pive nel sacco: dopo l’illusorio vantaggio di D’Amico,
è stata prima raggiunta e poi superata allo scadere da un gol di Pruzzo.
L’Olimpico è affollato, in 40.000 sono accorsi a salutare il debutto
stagionale. C’è curiosità soprattutto per vedere all’opera il giovane portiere Claudio
Garella, scelto dal tecnico brasiliano per sostituire uno dei laziali più
rappresentativi di tutti i tempi. La maglia da portiere è sempre la stessa, di
un grigio tendente all’azzurro, un colore sobrio da vecchia figurina, ma la
fisicità tra un normolineo come Felice Pulici e un giovanotto massiccio
come Claudio Garella non passa certo inosservata. Si direbbe però una bella
formazione: Garella, Ammoniaci, Martini, Wilson, Manfredonia, Lopez,
Garlaschelli, Agostinelli, Giordano, D'Amico e Badiani.
Il Verona è un mix di esperienza e di gioventù: Superchi,
Logozzo, Franzot, Busatta, Bachlechner, Negrisolo, Fiaschi, Mascetti, Luppi,
Maddè e Zigoni. In panchina siede un mostro sacro del nostro calcio: Ferruccio Valcareggi.
Accanto a lui il portiere di riserva Pozzani, Trevisanello e un giovane
silenzioso e assai a modo: si chiama Arcadio Spinozzi ed è appena
arrivato dalla Sambenedettese.
I nostri sembrano tarantolati, vorrebbero spaccare il mondo
per dimostrare chissà che cosa. I primi venti minuti sono frammentati, si
commettono molti falli, forse per il troppo agonismo. I duelli personali si
susseguono, le bionde chiome di Andrea Agostinelli svolazzano lungo la
fascia. È però una pressione sterile, tanta corsa e poco arrosto, non è un
gioco bello da vedere. Piano piano il Verona si sveglia e capisce che la Lazio
è una formazione che sta attraversando una fase di passaggio. Prende coraggio
affidandosi al suo contropiede. Dalla curva quasi non ci rendiamo conto che
Claudio Garella sta continuamente salvando il risultato: esce su Negrisolo, poi
su Zigoni, su Luppi ed infine su Fiaschi, che spreca malamente l’ennesima
occasione. E noi? Non ci rimane che “alitare” sui tentativi di Giordano,
D'Amico e Wilson, tiri sporadici e fiacchi ma soprattutto casuali, legati all’improvvisazione
di un attimo. A metà ripresa il gioco è diventato di una noia mortale, picchia
un sole estivo e il caldo si fa sentire. C’è un fallo fischiato per un affrettato
intervento di Manfredonia su Luppi. Siamo al minuto 84: Busatta passa la palla
allo stesso Luppi, il suo tiro non è potentissimo ma perfora la nostra barriera
andandosi ad insaccare a fil di palo della porta difesa da Garella, sotto la Curva
Nord. Veniamo colti da un grande rammarico, intuendo che stiamo per perdere
nuovamente. Nella lontana Curva Sud sta per partire una contestazione verso la
presidenza Lenzini, rea di aver speso anche quest’estate troppo poco e molto male.
Stanno scendendo le prime ombre della sera a rinfrescare i bollenti spiriti ma
si gioca comunque sotto assordanti bordate di fischi. Quasi casualmente ed in
circostanze del tutto fortuite, giunge il nostro gol a tre minuti dalla fine. È
opera di Renzo Garlaschelli, ritratto nella splendida foto proprio al
momento del tiro, un tentativo alla disperata che salva la sua squadra e il
nostro pomeriggio di ragazzini. Sì, perché possiamo uscire dallo stadio sudati
e felici, starnazzanti e con la bandiera al vento, come se avessimo vinto.
Quello del 1977-78 sarà un campionato assai controverso, specie nella prima parte, dalle stelle alle stalle nel breve volgere di tre settimane. Ma sono altre storie, altre città, di cui speriamo di parlarvi in futuro. Adesso occorre stare sul pezzo: si gioca ogni tre giorni. Forza Lazio!
Ugo Pericoli