"Di me dicono che sono il sessantenne più in forma del mondo. Di sicuro sono tra i più forti triatleti italiani degli ultimi 30 anni”. A parlare così non è un qualsiasi “anziano” brontolone, ma un autentico pezzo di storia del triathlon nazionale come Danilo Palmucci, un tipo che qualche giorno fa, a 59 anni, si è tolto lo sfizio di stravincere, nella propria categoria e con 40 minuti di vantaggio sul secondo, il massacrante Embrunman (3,8 chilometri di nuoto, 188 chilometri in bici e 42,2 chilometri di corsa) che si è svolto in Francia.
Quando ci parli, peraltro, Danilo Palmucci non fa nulla per nascondere alcune sue caratteristiche peculiari: grande autostima – corroborata da un palmarès lungo come una quaresima – nessuna mezza misura, profonda conoscenza della storia internazionale del triathlon e adesso quella sorta di consacrazione rappresentata dall’invito – “sono il primo e unico italiano ad averlo ricevuto”, racconta con orgoglio – a partecipare al “Triathlon des légendes” che si svolgerà sabato 17 settembre a La Baule-Escoublac, nel nord-ovest della Francia.
“Ci auguriamo – spiega l’organizzatore Christophe Croze – di poter riunire 30 leggende, 20 uomini e 10 donne, tra i grandi triatleti che hanno scritto la storia del nostro sport. La gara si svolgerà con la formula della staffetta a squadre, con una donna e due uomini per squadra; che percorreranno 300 metri a nuoto, otto chilometri in bici e due chilometri di corsa; la cui composizione sarà estratta a sorte il giorno prima. Sono felice che Danilo sia con noi, se lo merita tanto perché è il triatleta italiano che ha fatto registrare i migliori risultati di tutta la storia del triathlon”.
E lui, Danilo Palmucci, si dice “felice che la Federazione riservi attenzione a questo evento nato da un’idea che ho condiviso con Cristophe, ed alla mia partecipazione, visto che la mia storia non è fatta solo di, tanti, successi sportivi, ma anche di idee innovative (tipo le modifiche al manubrio della bici; ndr), messe a disposizione di uno sport che mi ha visto e mi vede tra i protagonisti assoluti”.
E proprio per ricordarlo “al Triathlon des légendes parteciperò con la bici con la quale vinsi il titolo mondiale di “lungo” a Nizza nel 1987 e con il body della mia squadra dell’epoca, il Winning Club". Perché Palmucci non è solo uno in grado di mettere in fila, ovviamente dietro di lui, bei gruppetti di triatleti più giovani, ma anche una sorta di “custode della memoria del nostro magnifico sport – spiega – perché la storia va rispettata e per questo da tempo porto avanti il progetto di reperire quanto più materiale possibile per mettere in risalto quali e quanti passi in avanti siamo stati capaci di far compiere al triathlon internazionale”.
Passi in avanti che, anche grazie a testimonianze come quella di Danilo Palmucci e che permettono di non dimenticare da dove si proviene e di non tagliare quelle radici che rappresentano le origini, la Federazione intende continuare a fare: “Perché si deve fare in modo – conclude infatti Palmucci – che le persone stiano bene grazie al triathlon, così da continuare ad ampliare la base dei praticanti e far avvicinare sempre più giovani a questo nostro bellissimo sport”.
(si ringrazia il sito web della Federazione Italiana Triathlon)