Poteva Vito Resse (ritratto in una foto del Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento), nato a Cerignola un mese e mezzo dopo la fondazione ad opera dei nove pionieri di Piazza della Libertà, non abbracciare l’ideale-Lazio? Un segno del destino, impossibile non crederci. Schermidore eccelso di spada e sciabola, Resse – che nella vita sarebbe poi diventato avvocato cassazionista, premiato al Quirinale, dopo cinquant’anni di professione, dall’allora Presidente Leone – fu atleta dai primi anni venti fino al 1930.
Con una medaglia già luccicante appuntata sul petto: fu lui ad aver fondato, nel 1921, la Lazio Scherma presso il Convento dei Cappuccini di via Veneto, adiacente a quello che sarebbe diventato lo studio e l’abitazione del Presidente più acclamato della sezione calcio: Sergio Cragnotti.
Sono stati i tre figli di Resse (Michele e Francesco con la pubblicazione del volume ‘La spada e la penna’ e l’altro fratello Arnaldo, a valorizzare, in questi ultimi mesi, la figura paterna. Una delle icone della scherma romana, Laziale in particolare, al pari di Renzo Nostini, custode nei decenni successivi della disciplina e dei suoi segreti.
Fu lui, stimatissimo dal Generale Vaccaro, dirigente lungimirante del Coni – pur non essendo iscritto al Partito Fascista, scelta ardita per quegli anni – a far assegnare alla Lazio Scherma, nel 1938, la Sala dell’allora Stadio Littorio, quello che sarebbe successivamente diventato lo Stadio Flaminio. Era posizionata sotto la Tribuna Centrale dell’impianto, anticipando, in pratica, ciò che lo Stadio ospito’ – a livello di emozioni – negli anni a seguire.
Giova ricordare che proprio qui, nel ’58, nella vicina piscina, la Lazio Pallanuoto, guidata da Salvatore Gionta, vinse il primo (ed unico) scudetto della sua storia. Un legame – quello dei Resse con la Lazio – alimentato, dopo il papà Vito, anche dai figli Michele e Francesco, pluricampioni di spada e sciabola (proprio come il loro avo) proprio con la Lazio Scherma. Un’Aquila, la loro, in perenne volo.
G.Bic.